sabato 15 settembre 2007

Ora è davvero "pochomania": Lavezzi nel presepe


Non è stato un mercato semplice, quello del Napoli. Contestato dalla stampa, più che dai tifosi, che avrebbe voluto nomi altisonanti da presentare ai lettori. Come Alvaro Recoba, oppure Antonio Cassano. Il direttore generale Pierpaolo Marino, che ha speso meno soldi di quelli messigli a disposizione dal suo presidente, si è sentito ‘bocciare dagli esperti’. Ma Aurelio de Laurentiis, che di cinema se ne intende, non ha voluto dare un giudizio ancora prima dei titoli di testa. E alla seconda scena, quella nella quale il suo Napoli strapazzava con cinque gol l’Udinese, aveva già capito che il film si sarebbe concluso con un happy ending.

Febbre argentina
Prima di dare giudizi avventati bisogna riflettere. Lavezzi è un giocatore di assoluta qualità, dopo una sola partita avevano criticato il nostro mercato come fosse fallimentare”: parole e musica di De Laurentiis. Che non a caso dopo la vittoria sull’Udinese ha voluto citare per primo Ezequiel Lavezzi. Certo, il Napoli ha preso altri ottimi giocatori come Manuele Blasi e Marcelo Zalayeta dalla Juventus, Marek Hamšík e Walter Gargano, ma al centro dell’attenzione in questo momento c’è lui, il 22enne argentino soprannominato affettuosamente ‘el pocho’.

La fantasia del ‘dieci’
Quest’estate Lavezzi ha lasciato l’Argentina, il CA Rosario Central e il numero 10 sulla maglia, che nei dintorni del Vesuvio può essere indossato solo da Diego Armando Maradona. Ora veste il 7, che in numerologia rappresenta ‘sapienza e successo’. Eppure, i tifosi del Napoli vedono ‘sette’ e pensano ‘dieci’. Perché Lavezzi è argentino, perché è veloce, fantasioso e si diverte a dribblare gli avversari. Il gol contro l’Udinese alla seconda giornata ha colmato in parte il vuoto lasciato da Maradona (ma guai a fare paragoni) e riempito di gioia i tifosi napoletani. Tutti ora parlano di lui, raccontano di quando lo seguivano nel campionato argentino. Parlare di Lavezzi ormai è contagioso.

Giocatore corteggiato
Anche l’AC Milan, nella persona di Cesare Maldini, capo degli osservatori nonché padre del capitano Paolo, non ha potuto fare a meno di dire una parolina su di lui. “Lo seguimmo per molto tempo date le tante note positive sul suo conto. Era da Milan, volevamo prenderlo, ma poi decidemmo di puntare su Alexandre Pato”. Bel riconoscimento, soprattutto da una società che di sudamericani se ne intende. Si mangia le mani, invece, Enrico Preziosi, proprietario del Genoa, che aveva visto Lavezzi in azione durante il ritiro dell’estate 2005 e poi l’aveva rimandato in patria. Laconico il commento di Preziosi: “Guardando le immagini abbiamo avuto la conferma che avevamo tra le mani un gran giocatore”.

Lavezzi nel presepe
Ma il vero riconoscimento per Lavezzi è un altro. Sì, perché l’autunno è alle porte e a Napoli si lavora già sui presepi del prossimo Natale. E indovinate di chi è la statuina più preziosa? Quella fatta a immagine e somiglianza del ‘fulmine’ Lavezzi. Chissà se sono riusciti a disegnare anche tutti i suoi undici tatuaggi. Dopo poche settimane Lavezzi ha già un posto prenotato sui caminetti di Napoli, dove forse dribblerà Re Magi e pecorelle, per poter dire grazie, a modo suoi, per i piedi che gli sono stati dati in dono.

E’ solo l’inizio
Lavezzi. Uno che se gli dici che i tifosi vogliono conquistare un posto per entrare in Coppa UEFA ti risponde “Andiamoci con calma”. Ma se poi gli domandi cosa si sente di promettere ti dice, come se fosse la cosa più naturale del mondo “Beh, posso dire che mi impegnerò per segnare almeno 20 gol”. Uno che non si stupirebbe, se Lavezzi dovesse superare quota 20, è il suo connazionale Hernan Crespo: “Mi stupisce l’emozione dell’Italia nei confronti di Ezequiel, se chiedete a un qualunque tifoso argentino, scoprirete che certe giocate non sono una novità e che, anzi, non avete visto ancora tutto il suo repertorio”. Chi lo aveva potuto vedere in estate, in allenamento, è l’allenatore Edy Reja. Che, per restare in tema mistico, l’aveva profetizzato: “L’argentino farà innamorare i napoletani”. Così è stato.

fonte: uefa.com

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