sabato 18 dicembre 2010

Il pocho prima di volare in Argentina rilascia una lunga intervista e fa delle foto con la sua statuetta del presepe!

Il fuoriclasse argentino si confessa per la prima volta in esclusiva al nostro quotidiano. E parla di tutto: «Cavani è grandissimo, con lui mi intendo alla perfezione. Io come Maradona? Ma non sono neanche un quarto di Diego. Mi manca la normalità, poter mangiare una pizza senza nascondermi nel cofano. Per sempre qui? Sono sincero, mai dire mai»

|| DOPO L'ARTICOLO CI SONO LE FOTO CHE LAVEZZI HA FATTO A NAPOLI PRIMA DI PARTIRE PER L'ARGENTINA ||


Prima di imbarcarsi alla volta di Buenos Aires ha voluto confessarsi con il Corriere dello Sport-Stadio e raccontare cosa è cambiato da quel giorno che mise piede a Castelvolturno e poi raggiunse il ritiro austriaco di Feldkirchen an der Donau, tra mille diffidenze e tante perplessità. Parla nel salotto della club house del Volturno Golf. Gli piace pensare in grande e non escludere alcun obiettivo, che sia scudetto, Europa League o Coppa Italia. Ma senza eccedere: «Noi dobbiamo pensare a migliorare di partita in partita, poi tireremo le somme. Non si sa mai», dice nel confessare di sopportare malvolentieri lo scotto che deve pagare per la sua notorietà. «Mi vogliono far passare per quello che non sono», sottolinea, rivolgendo lo sguardo verso l’addetto stampa Baldari e riferendosi forse all’ultimo episodio, una banale discussione di viabilità scoppiata in lite in via Nevio con lui intervenuto a fare da paciere. Ad un orario insolito per un calciatore, però. Ma Lavezzi si apre e rivela come trascorrerà il Natale: «Con i quaranta bambini dell’Ansur perchè quando vedo sorridere un bambino mi sento veramente felice». Porterà anche il piccolo Tomas.

Lavezzi, da dove cominciamo?
«Gli argomenti non mancano, deci­dete voi. Ma comincio con il dire che la vittoria sulla Steaua mi ha reso felice, an­che se stare in tribuna è sofferenza».

È la prima volta che decide di aprirsi, in esclusiva: sono passati quasi quattro anni dal suo arrivo in Italia, si racconti.
«E sono cambiate tante cose da quel giorno. Prima ero un ragazzo, ora mi sen­to maturo come uomo; il Napoli all’epoca, era una neopromossa in serie A e ora sia­mo una realtà consolidata».

È cambiata la sua vita, in pieno.
«Quando arrivai qui, era la prima volta che mi staccavo seriamente da casa. Ero stato per un brevissimo periodo a Fermo e per un mese, mi pare, a Genova. Ma ve­nendo a Napoli, avrei dovuto modificare le mie abitudini, lasciare la famiglia e le amicizie. Ricominciare, insomma».

È andata bene, a quanto pare: avverte di essere un idolo?
«Sento l’affetto della gente, sempre. La avverto in campo e fuori. Per noi calcia­tori, però, è meno semplice di quello che sembra. Tutti pensano all’aspetto econo­mico, ci ritengono ricchi e basta, dei pri­vilegiati che non hanno problemi. E’ ve­ro che siamo fortunati, ma è anche vero che facciamo sacrifici».

Cosa le manca?
«Non arrivo a dire ciò, perché conosco da quando ero fanciullo il valore della pa­rola sofferenza, ma sono i luoghi comuni a dare fastidio. Intanto, a noi è negata la normalità, poter essere giovani, vivere da venticinquenni. Io qui sono amato e me ne accorgo, ma anche per andare al su­permercato mi devo mimetizzare».

Una volta si nascose nel cofano di una macchina...?
«Appunto. Sono cosciente che il calcio sia un fenomeno di massa, che probabil­mente è anche giusto che vada così, per­ché scateniamo passione e questo affetto rappresenta il grazie che la gente ci vuol dare. Però una pizza, una cena da ragaz­zo come tutti gli altri mi piacerebbe, ogni tanto».

Vabbè, la sera, talvolta la notte, non si nega qualche divagazione...
«Questo invece è ciò che mi fa arrab­biare, far diventare un caso quel che ac­cade intorno a me. Io sono stato fuori qualche volta, una di queste posso aver ritardato il rientro a casa di un po’: ma non mi va che si parli di notti brave, che si esageri».

Immagini un po' quel che capitava a Maradona.
«Ma io non sono neppure un quarto di Diego e penso che a me non tocchi, dun­que, neppure un quarto delle pressioni che sfioravano lui. Ma stiamo parlando del più grande».

Che, un mese fa, ha detto: la maglia nu­mero 10 va data a Lavezzi.
«È stata una bella frase, che mi ha riempito di orgoglio. Posso dire che sono fiero di ciò che Maradona ha suggerito, ma queste scelte poi devono farle la so­cietà e i tifosi».

Questo Napoli non muore mai.
«Siamo da tempo una squadra piena di talento, ma prima eravamo giovani e adesso stiamo invece maturando a vista d’occhio. Il segreto, penso, sia in un uomo che si è rivelato la persona giusta per cor­reggere i nostri sbagli».

Oddio, questa è una dichiarazione d’amore...
«Questa è la mia verità. Il salto di qua­lità lo stiamo facendo con Mazzarri».

Visto che non rispondete mai alla do­manda sullo scudetto, aggiriamo l’osta­colo: quanto tempo ci vorrà, perché riu­sciate a vincerlo?
«È un discorso articolato: bisogna ve­dere se rimane questa base; bisogna ve­dere se arriveranno altri rinforzi; e se poi ci sarà qualche acquisto di esperienza. In questo caso, entro due-tre anni, potrà ac­cadere».

E se le diciamo quest’anno?
«Rispondo che quest’anno c’è una gran­de opportunità offerta dal campionato ita­liano: esiste un equilibrio talmente forte, che bisogna provare ad approfittarne».

Si sta sbilanciando...
«Il rischio, adesso, sono le tre competi­zioni contemporaneamente. Però la situa­zione della classifica è chiara e anche l’andamento di tutte le grandi. Noi siamo convinti delle nostre forze e in questo tor­neo non c’è una differenza così abissale, come nelle stagioni passate».

Un anno fa tirò una pallonata ad Alle­gri....
«Il suo Milan è il club con maggiore re­golarità. E lui sta facendo veramente be­ne. Quello è stato un episodio, dai lascia­mo stare. Ho sbagliato, stress da partita. Quando Allegri è stato qui non c’è stato modo di incrociarci, altrimenti lo avrei salutato».

FOTO

Lavezzi durante l'intervista


Lavezzi con la sua statuetta del presepe

corriere dello sport
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